Caparezza ed il suo acufene.
L’ Acufene è un problema molto frequente per i musicisti.
La scintilla del progetto è stato un brutto colpo.
Caparezza ha scoperto di soffrire di acufene, un ronzio continuo che si sente nell’orecchio. «È causato dall’ abuso di volumi di ascolto troppo alti… Non esiste cura e lo porterò con me per sempre. Non posso più ascoltare musica in cuffia. Sono andato in crisi: il mio corpo era la mia prigione».
«Siamo prigionieri del nostro ruolo. Non riusciamo ad abbandonarlo. E sulla foto di copertina io stesso non riesco a evadere da una gabbia da cui invece potrei uscire».
Il rapper ha allargato l’idea di carcere. Ogni brano è un capitolo di un ipotetico carcere mentale e gioca su un contrasto rappresentato da una scelta fra una parola di 7 e una di 9 lettere: Michele o Caparezza, innocuo o criminale… I testi hanno più chiavi di lettura e sono pieni di riferimenti a psicanalisi, storia, teorie filosofiche:
«A chi li trova troppo profondi consiglio di ascoltare le canzoni come se fossero in una lingua che non conosce, come fanno in tanti quando sentono un brano in inglese»
E quindi nel pezzo che dà titolo all’ album parla di musica e di «voglia di elevare i contenuti»: «Ne vedo poca. Contenuto è impegnarsi a fare bene un lavoro, non impegno politico o sociale. Anzi, quelli possono anche essere noiosi».
E quindi non rinnega però la satira sociale dei suoi lavori precedenti: «In passato sono stato osservatore di quello che accadeva all’esterno. A quell’ età andava bene. Superata quella fase, guardo dentro me stesso».